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Come scegliere un "Extra" di grande qualità
Nella valutazione di molti alimenti è frequente, ed entro certi limiti giustificato dalla storia evolutiva dei nostri sensi, conferire alla parola buono una serie di contenuti riferiti anche alla qualità. In realtà “buono” ha in genere una connotazione soggettiva, riferita al proprio gusto, a proprie scale di valori ed abitudini, e non sempre indica la qualità di un prodotto. La gastronomia e l’enologia ci offrono innumerevoli esempi di cibi o di vini di indubbia provenienza e di alta qualità, non graditi al palato di qualche commensale, e quindi giudicati “non buoni”: è chiaro che questa valutazione non intacca minimamente l’alta qualità di quel cibo o di quel vino. Questo discorso vale anche nella valutazione dell’olio di oliva. Non è infrequente, anzi è abbastanza comune nel corso di valutazione di oli extravergine di oliva di pregio sentire frasi di questo genere: “Quest’olio ha un sentore acido... ha un gusto un po’ amaro… e oltre tutto pizzica in gola!... Questo olio invece è buono, è più dolce… è più maturo!...” E’ il tipico giudizio in presenza di un olio “pizzicante” e esprime una opinione comune certamente molto difficile da sfatare. Come spesso accade per molti alimenti, la grande industria alimentare, più propensa al contenimento dei costi, e quindi nel caso dell'oli, meno attenta ai tempi e alla modalità di raccolta e di stoccaggio delle olive, tende a privilegiare la propensione del mercato al gusto dei più, venendo incontro alle aspettative sensoriali più diffuse, in quanto immediate, e quindi al carattere “dolce” dell'oli a scapito delle qualità. E’ infatti evidente che ad oli di questo tipo, apparentemente più “facili”, vengono a mancare tutte quelle qualità organolettiche e nutraceutiche (sul cui ruolo di prevenzione cardiovascolare e tumorale e di regolarizzazione metabolica, disponiamo di numerosissime evidenze scientifiche) presenti invece nell’olio extravergine ottenuto con metodi di coltivazione, raccolta, estrazione e conservazione più curati e rigorosi. In realtà quindi quell’amaro e quel pizzicore sono in genere sinonimi di qualità dell’olio. Uno dei principali meccanismi che porta all’invecchiamento è l’ossidazione delle membrane cellulari e di organuli in esse contenute: i nostri tessuti ed il nostro corpo invecchiano a causa proprio di questi processi ossidativi. L’olio di oliva di qualità è un potente antiossidante naturale. E’ proprio alla presenza dei polifenoli, che l’ulivo produce come naturali e insostituibili conservanti del suo frutto e dei suoi semi, che dobbiamo quel ”pizzicore” in gola tipico che proviamo gustando dell’ottimo olio extravergine. Più l’olio è fresco e ottenuto con olive sane, non troppo mature e frante entro poche ore dalla raccolta, maggiore è la concentrazione di polifenoli e le percezioni sensoriali correlate alla loro presenza. In effetti assaggiando presso un frantoio qualsiasi olio, anche ottenuto da olive di scarso pregio, subito dopo la separazione, è possibile apprezzare quel pizzicore più o meno amaro, legato alla carica più o meno forte di polifenoli. E’ evidente quindi che una maggiore concentrazione di polifenoli nell’olio appena franto, sarà espressione di maggiore qualità dell’olio extravergine, anche in termini di una sua maggiore stabilità nel tempo. |