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Tecniche di produzione dell'olio extravergine di oliva
Quello che occorre sapereL’estrazione dell’olio extravergine dalle olive appena raccolte è ovviamente un processo molto delicato e critico per la qualità del prodotto. Il processo si articola in quattro fasi: la frangitura, la gremolatura, la spremitura e la separazione dell’olio dall’acqua. Descriveremo brevemente queste fasi cercando di sottolineare quelli aspetti che riteniamo particolarmente importanti nella definizione della qualità dell’Olio di Foa. La prima fase è la Frangitura (da cui il nome frantoio) nel corso della quale la polpa ed i noccioli delle olive vengono lacerati e frantumati, ottenendo una pasta di olive. Le tecniche di frangitura tradizionali, per altro ancora estesamente, prevedevano l’uso di molazze, di macine in genere di granito, di forma cilindrica che su un piano anch’esso di granito, o nei frantoi più recenti, schiacciando con il loro peso le olive. Questo tipo di frangitura, sebbene affascinante sotto il profilo storico e della tradizione olearia, ha lo svantaggio di richiedere tempi di lavorazione più lunghi e di comportare una esposizione prolungata all’aria che favorisce l’avvio dei processi di ossidazione. Le tecniche di frangitura più moderne (frutto dell’esperienza di alcune straordinarie industrie Italiane) utilizzano frangitori a martelli o a dischi rotanti che hanno il pregio di frantumare le olive velocemente, riducendo al minimo i tempi di esposizione all’aria della pasta che, oltre tutto presenta, una granulometria della parte solida (nocciolo) più uniforme rispetto a quella ottenuta con le macine. Questo sistema è da preferirsi alla vecchie macine anche perché una più facile pulizia dei componenti del frantoi e quindi un maggiore igiene. Il rischio dei frangitori moderni è che se l’operazione non è seguito con scrupolo e serietà, il processo di frangitura può avvenire troppo velocemente, provocando un aumento della temperatura della pasta che altera in modo significativo le caratteristiche organolettiche e sensoriali del prodotto. La pasta di olive viene quindi sottoposta alla Gramolatura che consiste in un suo continuo e prolungato rimescolamento che favorisce l’unione delle goccioline di olio in gocce sempre più grandi che nella fase successiva potranno più facilmente separarsi dalla parte solida. Questa è indispensabile nel caso siano stati utilizzati dei frangitori meccanici per favorire il coalescere delle micelle di olio sospese in emulsione nella pasta. In questa fase occorre garantire he questo processo di rimescolamento avvenga a temperature sotto i 28°C: temperature maggiori possono dare delle rese anche del 10-20% in più, ma a scapito della qualità dell’olio le cui componenti “nobili” sono particolarmente sensibili alla temperatura. [Alcune gramolatrici limitano il contato con l’aria operando in ambiente saturo di azoto: questo accorgimento consente di azzerare i processi di ossidazione restituendo profumi primari eccezionali]. Una volta terminata la gramolatura si passa alla fase di estrazione vera e propria, chiamata Spremitura, che porta alla separazioni delle tre componenti della pasta: l’olio extravergine di oliva, l’acqua di vegetazione e la sana. Esistono diversi metodi di spremitura riconducibili a due tipologie di processo: discontinuo o continuo. Il più tradizionale dei sistemi è quello discontinuo nel quale l’estrazione avviene per pressione meccanica. La pasta di olive viene disposta su dischi di fibra vegetale Fibra di cocco) chiamati fiscoli (che oggi sono realizzati in materiali sintetici): i fiscoli vengono impilati in cilindri e intervallati da dischi di acciaio per uniformare la pressione che viene applicata gradualmente in circa 1 ora in una pressa. La pressione fa fuoriuscire la componente liquida oleosa, chiamata mosto oleoso costituito dall’olio e dall’acqua di vegetazione. Il sistema tradizionale è molto affascinante e può fornire ottimi oli, ma occorre ricordare che i fiscoli, sono di difficile pulizia, e possono assorbire e trasmettere sapori e odori, più o meno buoni, di olive precedentemente lavorate. E’ quindi elevato il rischio di far ricadere su spremiture successive eventuali gravi difetti di spremiture precedenti di partire di olive non sane, intaccate dalla mosca olearia o ammuffite. La pare solida che al termine della spremitura rimane aderente al fiscoli è la sansa che contiene ancora un 5-8% di olio che successivamente potrà essere separata con l’impiego di solventi chimici con procedimenti analoghi a quelli utilizzato per gli oli di semi. La sansa è inoltre un ottimo combustibile bio. Nei metodi continui, più moderni, la pressione meccanica è stata sostituita da altri processi fisici che conducono alla separazione della parte liquida da quella solida: quello più diffuso e la centrifugazione in decanter che sfrutta il diverso peso specifico delle tre singole componenti. La pasta va prima fluidificata con l’aggiunta di acqua corrente a temperatura uguale a quella della pasta. Nell’ultima fase si ha la Separazione dell’olio dall’acqua di vegetazione che avviene sempre utilizzando il diverso peso specifico dell’olio, inferiore a quello dell’acqua. Al termine di queste operazione l’olio è leggermente torbido, opaco. E’ già commestibile e crudo, sprigiona aromi molto intensi di oliva. Nelle settimane immediatamente successive le sostanze estranee si depositano progressivamente sul fondo producendo piccole tracce di impurità: si tratta di particelle di acqua, cere, residui vegetali che il separatore non è riuscito a separare dall’olio. |